Jovic, a piccoli passi verso il passato

A piccoli passi verso il passato. Luka Jovic, 26 anni tra qualche settimana, serbo, calcisticamente dev’essere un diesel. Per caratteristiche fisiche in effetti ha bisogno di scaldare al meglio il motore dei suoi muscoli prima di cominciare a brillare. In una settimana ci sono tre passaggi tormentati che sembrano annunciare il sigillo finalmente guadagnato ieri sera a San Siro. Una settimana prima, contro la Fiorentina ebbe sul piede migliore, il sinistro, la palla per rompere il ghiaccio, gridare in faccia a San Siro la sua rinascita e invece il compasso di Terracciano gli vietò la gioia più grande. Martedì in Champions, partendo dalla panchina, nel finale avvilente della sfida col Borussia, scheggiò di testa il palo e sembrò quasi la conferma della maledizione annunciata dall’insulto muscolare capitato a Thiaw. Un passo alla volta, è il nuovo comandamento di Jovic. Ieri sera, per un tempo, il primo, con il Frosinone, può lavorare una sola palla lavorata come si deve ma con un attimo di ritardo per lanciare Musah davanti alla porta e perciò “pizzicato” in fuorigioco. A quel punto solo chi ha il fiuto della “preda”, tipo un bracconiere dell’area di rigore, può decidere di scavarsi una buca dietro la siepe dei difensori ciociari e aspettare lì che arrivi la palletta giusta da calciare al volo, di sinistro, a centro porta.

Jovic, un passo alla volta verso la rinascita

Dev’essere piaciuto agli specialisti del ramo schierati in tribuna: pensate, in una fila Zlatan Ibrahimovic al fianco di Giroud, in un’altra Josè Altafini, raccolta la storia più gloriosa del Milan dagli anni ’60 ai giorni nostri. A piccoli passi verso il passato. Già perché è ormai da anni che Jovic rincorre lo splendore conosciuto prima a Belgrado con la Stella Rossa, poi in Germania con l’Eintracht Francoforte per poi finire all’improvviso dentro un tunnel buio, tra Madrid e Firenze. Eppure, a dare ascolto a Stefano Pioli, durante le prime esibizioni, poco confortanti, e le puntuali stroncature sui social, “è solo questione di tempo” che con una traduzione simultanea vuol dire il seguente concetto: è arrivato a Milanello da Firenze con le gomme sgonfie, abbiamo dovuto rimetterlo in sesto, fargli iniezioni di fiducia, e aspettare il tempo giusto. Che coincide anche con l’assist per il rotondo 3-0 firmato da Tomori, sempre di testa, sull’arcobaleno di Theo Hernandez. Sa fare gol e forse sa anche suggerirli. Per una sera, Jovic può tornare a casa senza alzare il bavero del cappotto uscendo da San Siro e magari benedire il fiuto del suo procuratore, Ramadani, che il 1 settembre decise di farlo partire per Milano senza aver la certezza di un possibile trasferimento. Capì che il Milan era spalle al muro dopo il ritiro da Oporto (trattativa Taremi interrotta per la presenza di una seconda squadra di mediatori). Senza quel treno preso in anticipo, non ci sarebbe stato più il tempo per cambiare città, squadra e destino.


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